2 giugno 2016

Lavoro e incidenti stradali




Positivi i risultati del progetto di prevenzione per contrastare il fenomeno. C’è maggior sicurezza, ma è importante non abbassare la guardia

Cesena, 17 maggio 2016 – Migliora la sicurezza nel comparto del lavoro su strada, ma ci sono ancora ampi margini su cui lavorare per prevenire gli infortuni stradali che, secondo gli ultimi dati INAIL rappresentano ancora, in tutta Italia, più della metà delle morti sul lavoro. E’ quanto emerge dal Rapporto 2015 sul progetto “Prevenzione  degli infortuni stradali in orario di lavoro”, promosso dal Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Ausl Romagna – Servizio prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro di Cesena, nell’ambito degli interventi attivati dalla Regione Emilia Romagna per contrastare il fenomeno dell’incidentalità stradale connessa all’attività lavorativa.

Il progetto, condotto a livello sperimentale solo in alcune aree della Regione, tra cui Cesena, è nato nel 2013 con l’obiettivo di attivare sinergie e creare reti tra gli enti che hanno competenze sulla sicurezza stradale e sul lavoro, per verificare le condizioni di lavoro degli addetti all’autotrasporto o operanti su strada, ed aumentare al contempo la consapevolezza delle aziende del sistema di sicurezza stradale e dei lavoratori sui rischi connessi la lavoro.

L’inserimento del tema della sicurezza stradale all’interno del Piano Regionale della Prevenzione ha esteso l’attenzione al fenomeno all’intera regione e pertanto l’AUSL della Romagna dovrà, già da quest’anno e fino al 2018, partire con attività di vigilanza controllo e prevenzione relativamente a queste tematiche, estesa a tutto il territorio di competenza.

Nel 2015 il progetto ha previsto l’effettuazione di una serie di verifiche sul campo che hanno coinvolto 14 aziende con dipendenti operativamente impiegati in operazioni di trasporto su strada, selezionate prevalentemente in ambiti operativi particolari quali i servizi urbani (raccolta e conferimento rifiuti, manutenzioni e spazzamento di aree pubbliche e spazi verdi, ecc) o trasporti di carichi peculiari (animali vivi, sterri, trasporti refrigerati, insilati, ecc). L’azione del personale ispettivo dell’AUSL si è concentrata sulla verifica della formazione degli operatori e della completezza della valutazione dei rischi aziendali, per estendersi poi al controllo di tutte le procedure gestionali dell’azienda e soprattutto dei mezzi in circolazione.

“Nel complesso – spiega Luca Scarpellini, ingegnere del Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro di Cesena e referente regionale del progetto sicurezza stradale 2.10 –  il riscontro agli adempimenti introdotti dal Decreto Legislativo 81/2008 in materia di sorveglianza sanitaria è stato soddisfacente ed è risultata buona anche la soglia di attenzione dei datori di lavoro in ordine ai contenuti delle certificazione, ma sussiste certamente un ampio margine su cui operare per far crescere la consapevolezza, soprattutto dei datori di lavoro, della valenza in termini di promozione della sicurezza, di tutta una serie di adempimenti, che vengono espletati ma spesso più per ragioni organizzative o economiche”.

Diversi sono i fattori che incidono sul rischio di avere un infortunio su strada con “mezzo di trasporto”: non tutti sono “controllabili” dal datore di lavoro, ma ci sono comunque alcuni aspetti che devono essere tenuti in considerazione: gli orari di guida, di pausa, di lavoro e di riposo; la formazione dei lavoratori, il comportamento degli autisti professionali, gli stili di vita ed alimentari, lo stato di salute degli addetti; la manutenzione dei mezzi.

“E’ importante – conclude Scarpellini –  non abbassare la guardia e continuare a mettere a fuoco il fenomeno, elaborando strategie sempre più efficaci per porre un freno all’incidentalità, estendendo sempre più il sistema di sicurezza aziendale anche alla strada”.

Fonte: E-R Salute

22 ottobre 2016

La distrazione al volante raddoppia il numero di incidenti




Da sapere

La distrazione, da sola o insieme con altri fattori, siano essi errore o condizione fisica o psichica compromessa (per abuso di alcol o droghe, stanchezza, stato emotivo agitato) è deleteria per la sicurezza di chi guida.

Chi è al volante è impegnato in attività che distraggono la sua attenzione per oltre il 50% del tempo di guida, raddoppiando così il rischio di avere un incidente stradale.

La distrazione da uso del cellulare occupa più del 6% del tempo trascorso al volante e aumenta di quasi 4 volte il rischio di incidente stradale e il dato è in netta crescita con l’emergenza, riferita soprattutto alla fascia dei giovani, rappresentata dalla consuetudine di possedere strumenti sempre collegati a internet, con cui interagire e navigare in ogni momento e in ogni occasione.

Risultati

Quelli in evidenza sono i risultati più interessanti dello studio Dingus 2016, condotto negli USA dal Virginia Tech Transportation Institute: con un metodo di osservazione sul campo il team di ricercatori ha montato sui veicoli di partecipanti volontari videocamere, sensori e radar per registrare e raccogliere dati sulla velocità, la posizione GPS dell’auto, l’accelerazione, la distanza dalle altre auto, ma anche la direzione dello sguardo di chi guida e la presenza di alcol. Sono stati filmati oltre 3.500 guidatori, da 16 a 98 anni di età, per più di 50 milioni di chilometri, per un periodo di 3 anni, in 6 differenti località degli USA.

Secondo lo studio Dingus 2016 i comportamenti del guidatore che contribuiscono all’evento incidentale sono riconducibili ai seguenti fattori:

uno stato non ottimale di chi è al volante, compromesso per effetto di alcol o droghe, stanchezza / colpo di sonno, stato emotivo (rabbia, tristezza, pianto, agitazione);
errori nella performance di guida – conduzione del veicolo, manovre scorrette;
temporaneo errore di giudizio – guida aggressiva, alta velocità
distrazione – uso di dispositivi portatili o in dotazione all’auto, interazione con i passeggeri, fattori esterni

In sintesi, su 905 incidenti avvenuti nel periodo di osservazione, nell’ 87,7 % degli incidenti è presente almeno un errore / condizione compromessa o un momento di distrazione del guidatore: nel 73,7% degli incidenti è stato compiuto qualche tipo di errore, nel 68,3% qualche tipo di distrazione e nel 54,5% errore e distrazione contemporaneamente. Questi risultati dimostrano che la distrazione di chi guida ha un impatto deleterio da sola o insieme con altri fattori, siano essi rischio o condizione fisica o psichica alterata.
Condizioni di chi è al volante

Complessivamente le condizioni non ottimali del guidatore aumentano di 5 volte il rischio di incidente e sono presenti per l’1,92% del tempo di guida; ma se si parla di guida in stato di ebbrezza il rischio aumenta di 36 volte, anche se questa condizione è presente solo per lo 0,1% del tempo di guida, un valore molto basso contrariamente alle attese.
Una condizione presa in esame dallo studio, spesso trascurata ma che aumenta di quasi 10 volte il rischio di incidente è uno stato emotivo alterato per rabbia, agitazione o tristezza; anche se caratterizza solo lo 0,2% del tempo di guida.
Errori nella performance di guida

Complessivamente l’errore aumenta il rischio di incidente di 18 volte ed è presente per il 5% del tempo di guida. Tuttavia alcuni tipi di errore – il mancato rispetto del diritto di precedenza, la frenata improvvisa e inopportuna – aumentano il rischio di incidente anche di centinaia di volte (per esempio il mancato rispetto del diritto di precedenza aumenta il rischio di incidente di 936 volte). Sono però comportamenti molto rari.
Errori di giudizio

Sono inclusi gesti di imprudenza da parte di chi guida, per esempio un eccesso di velocità, oltre i limiti previsti o inopportuna per le condizioni climatiche o ambientali / stradali; da considerare anche forme di guida aggressiva, per esempio non rispettare la distanza di sicurezza o superare in modo illecito. Complessivamente l’errore di giudizio aumenta di oltre 11 volte il rischio di incidente ed è presente per il 4% del tempo di guida: tutte le sottocategorie dell’errore di giudizio aumentano il rischio di incidente in un range che oscilla da 5 a 35 volte.
Distrazione

In evidenza è il tempo che un guidatore impegna in attività che sono causa di distrazione – complessivamente quasi il 52 % – e che raddoppia il rischio di incorrere in un incidente. Questo significa che chi è al volante per oltre metà del tempo del suo viaggio raddoppia il rischio di provocare o subire un incidente, se è impegnato in un’attività che lo distrae. E tra le varie attività quelle che obbligano a distogliere lo sguardo dalla strada sono le più pericolose: digitare su i-pad e palmari (aumenta di 12 volte il rischio di incidente), leggere / scrivere (aumenta di quasi 10 volte il rischio di incidente), cercare di afferrare un oggetto (aumenta di 9 volte il rischio di incidente), mandare sms dal cellulare (aumenta di oltre 6 volte il rischio di incidente).

Altre attività che causano distrazione, bere o mangiare, aggiustarsi unghie e capelli, truccarsi sono invece stimate poco rischiose. Parlare al cellulare, attività controversa dal punto di vista del rischio che rappresenta – alcuni studi la considerano pericolosa altri innocua – aumenta il rischio di incidente di 2.2, superando di pochissimo il rischio complessivo della categoria (2.0).

Uno dei comportamenti più spesso messi in atto è l’interazione con un passeggero (prevalenza del 14, 58%) anche se il rischio di incidente aumenta circa una volta e mezza. Invece l’interazione del genitore con il bambino seduto sul sedile posteriore ha un effetto protettivo, con un rischio di incidente inferiore ad 1 (0.5): questo forse perché quando l’adulto trasporta un bambino guida in modo più sicuro, presta maggiore attenzione e rallenta la velocità.

Come è stato realizzato lo studio

Il metodo di ricerca applicato (l’osservazione naturalistica di un soggetto nel suo luogo consueto, per esempio il conducente nella sua auto), ha consentito al team che ha condotto lo studio di osservare in tempo reale il comportamento del guidatore e di catturare con accuratezza la performance nei minuti e secondi immediatamente precedenti un incidente: sono stati esaminati 905 incidenti che hanno comportato lesioni o danni al veicolo (non sono stati inclusi incidenti di minore entità). Lo studio Dingus 2016, per l’ampiezza del campione preso in esame e per la mole di dati a disposizione, raccolti sul campo, rappresenta il primo caso di analisi dove il potere statistico è sufficiente per valutare rischio e prevalenza associate con una varietà di cause. Vale a dire che è possibile stimare quanto aumenta il rischio di incidente in presenza di un certo comportamento del guidatore e quanto questo comportamento è presente sul totale del tempo di guida. E senza dubbio rischio e prevalenza sono strumenti preziosi, che offrono suggerimenti e indicazioni utili a chi si occupa di educazione stradale, di applicazione delle norme in vigore, di progettazione delle auto e di politiche sulla sicurezza stradale.
Indicazioni per decisori e professionisti

Se la distrazione venisse eliminata come fattore di rischio potenzialmente potrebbero essere evitati 4 milioni di incidenti stradali degli 11 milioni che ogni anno occorrono negli USA: questo ci comunica lo studio Dingus 2016.
Il campione di popolazione dello studio ha una rilevante, forse eccessiva presenza dei guidatori più giovani perché sono la fascia più a rischio: ciò può comportare stime più alte. Tuttavia i conducenti più giovani rappresentano una nuova generazione di guidatori sempre più orientati a dei comportamenti distratti differenti dalla generazione passata. Queste stime potrebbero raffigurare bene lo scenario futuro se non vengono adottate misure decise per ridurre gli incidenti causati dalla distrazione: programmi educativi e di consapevolezza e sensibilizzazione per chi guida, azioni di enforcement decise e capillari sulle leggi già in vigore, sistemi di emergenza installati sui veicoli per evitare gli incidenti.

Lo studio Dingus 2016 è stato condotto in America e riporta dati riferibili a quella realtà.
Tuttavia l’allarme sempre crescente verso il fenomeno distrazione è l’oggetto di un recente report pubblicato dalla Commissione Europea “Study on good practices for reducing road safety risks caused by road user distractions”, che oltre a stimare tra il 10-30% gli incidenti stradali che, globalmente in Europa, annoverano la distrazione come fattore prioritario – nonostante le differenze tra paese e paese – suggerisce a professionisti della sicurezza stradale e a decisori alcune buone prassi, già in uso o auspicabili, per ridurre il rischio di incidenti stradali provocati dalla distrazione. Riprendono molto da vicino le misure con cui si conclude lo studio americano:

tecnologie e applicazioni wireless che riducono l’interazione fra conducente e dispositivo;
sistemi per limitare la distrazione – segnali di avvertimento di collisione, avvertimento di deviazione dalla corsia di marcia, freni di emergenza;
azioni educative e di enforcement per controllare l’applicazione delle leggi vigenti, soprattutto verso i guidatori più giovani ed inesperti;
sistemi per bloccare le chiamate da cellulare e sistemi avanzati di avvertimento del conducente, ancora poco disponibili sui veicoli in circolazione;
redazione di comuni linee guida per le industrie automobilistiche e di telecomunicazione: potrebbero definire gli standard per installare i sistemi di interfaccia uomo-veicolo, le funzioni per bloccare le chiamate da cellulare, i dispositivi wireless sul cruscotto dell’auto.

E intanto in Italia …

E’ stata recentemente approvata la legge che definisce pene severe per il reato di omicidio stradale (legge 23 marzo 2016, n. 41) e i mass media ne hanno dato grande risalto, pubblicando in evidenza la cronaca dei primi incidenti gravi per i quali è stata applicata nla nuova normativa.

Il legislatore ha voluto rispondere a un bisogno di “fare giustizia”, avvertito in primo luogo per i parenti delle vittime; alcuni giuristi hanno espresso perplessità anche su questo piano, tenuto conto anche dei tempi e delle complessità del processo penale.

Riguardo alla prevenzione, purtroppo, in questa legge nessuna delle azioni utili sopra descritte viene favorita. Non vi sono nemmeno risorse finanziarie aggiuntive da destinare ad azioni di prevenzione, visto che si tratta di pene detentive e revoche della patente e non di multe.

Possiamo quindi prevedere che il timore della revoca della patente, (ancor più che il timore della detenzione), difficilmente basterà, da solo, per cambiare comportamenti che non vengono percepiti come antisociali, dannosi o pericolosi per sé e gli altri dal guidatore nel momento in cui agisce, convinto che non ci sia lì vicino una pattuglia pronta a fermarlo.

Fonte: www.dors.it

24 settembre 2016

LA SICUREZZA STRADALE, UN DIRITTO PER TUTTI: LAVORATORI E UTENTI




stradale_fnLa guida è l’attività lavorativa più pericolosa: è questo un dato ormai assodato e ricorrente. I lavoratori che utilizzano un mezzo di trasporto per la loro attività o per andare e tornare dal lavoro sono la quasi totalità; le aziende che sono consapevoli di ciò e adottano ade
guate misure di prevenzione sono tuttavia una minoranza.

Milioni di persone usano la strada per svolgere il proprio lavoro o per spostarsi al di fuori dell’ambito lavorativo. Entrambi gli universi, così facendo, entrano in contatto e creano situazioni di rischio.

Circolano una grande varietà di veicoli, tra cui auto, furgoni, camion, taxi, veicoli di servizio e di emergenza, autobus e minibus, pullman e motocicli, al fine di soddisfare esigenze lavorative e non. Alcuni per lavorare utilizzano biciclette o vanno a piedi (per esempio i lavoratori delle poste, gli addetti alla manutenzione, netturbini, la polizia e così via) e sono comunque sulla strada per svolgere il proprio lavoro.

Tutti noi condividiamo la strada per lavoro, svago, spostamenti casa-lavoro-negozi-scuole-vacanze e per tutte le necessità al di fuori della propria abitazione.

Si può allora sostenere che la strada costituisce uno dei maggiori, se non il maggiore, pericolo per la nostra sicurezza sia in occasione di lavoro che per qualsiasi altro motivo che ci spinge ad utilizzarla. Tale consapevolezza è ancora lontana dall’essere acquisita e percepita e per tale motivo sono spesso i comportamenti imprudenti e non consapevoli che generano gli incidenti su strada.

Nasce per questo l’esigenza di sviluppare sempre più azioni tendenti a sottolineare in modo chiaro ed esplicito l’esigenza di valutare la “strada” come fonte di pericolo per la salute e la sicurezza. Questo approccio deve essere condiviso degli addetti ai lavori per condurre ad una valutazione dei rischi provenienti dalla “strada” adeguata in modo tale da imporre l’adozione di tutte quelle “misure ragionevolmente praticabili” per gestire tale tipologia di rischi.

Non esistono aziende o organizzazioni che si possano considerare esenti da tale rischio. Tutte le aziende, in un modo o nell’altro, interagiscono con la “strada” e tutti i lavoratori sono esposti ai rischi connessi durante la loro attività o nei percorsi casa-lavoro ai pericoli connessi.

I dati generali sugli infortuni sul lavoro sono in calo ma restano sempre alti. Sono invece in contro tendenza gli infortuni sul lavoro, in particolare i mortali, che avvengono sulle strade. Si tratta di un dato che trova conferma anno dopo anno: la prima causa di morte sul lavoro è data dagli incidenti stradali, siano essi avvenuti durante il lavoro stesso o in itinere (cioè durante gli spostamenti fatti per andare da casa al lavoro e viceversa).

Da ciò la necessità che diventi prioritaria l’attenzione dei datori di lavoro ed dei responsabili aziendali della sicurezza dei lavoratori (RSPP ed HSE Manager) verso la problematica degli spostamenti su strada dei propri dipendenti con azioni che vadano al di là di quanto previsto dalla normativa sul lavoro. Devono intervenire con azioni specifiche oppure implementando veri e propri sistemi di gestione “ISO 39001” per la riduzione del rischio stradale.

Dalla normale e ricorrente mobilità “in itinere” di tipo pendolare, al lavoro quotidiano su strada degli addetti ai diversi servizi, fino alle necessità specifiche di mobilità di chi ricopre funzioni dirigenziali e di rappresentanza, è necessario assicurarsi e garantire che ogni dipendente si attenga scrupolosamente alle disposizioni aziendali e che sia inoltre in possesso di competenze per il lavoro su strada specifiche per il proprio incarico. Il tutto, gestito da chi riveste responsabilità di gestione della mobilità e – soprattutto – della sicurezza in ambito aziendale (dal Datore di Lavoro all’HSE Manager, dall’RSPP, al fleet manager, per finire con il mobility manager).

Per molte aziende e diverse attività, infatti, il “luogo di lavoro” non è individuabile semplicemente all’interno di un ufficio o di uno stabilimento produttivo ma è anche la strada pubblica, spesso in condizioni di difficile gestione (come nel caso di flussi di merci pericolose che impegnano le strade urbane).

Per minimizzare i rischi di questi lavoratori ed aumentare la sicurezza stradale complessiva (a vantaggio dei lavoratori stessi e di ogni altro utente) si dovranno fare adeguate valutazioni e approfondimenti che consentano di ridurre il rischio stradale intervenendo sulle componenti Uomo-Veicolo-Spostamento del “sistema guida”.

Nel 2012 è stata pubblicata la norma ISO 39001 “Road Traffic Safety Management Systems”. La norma definisce i requisiti che deve avere un sistema organizzativo mirato alla riduzione del numero dei morti e feriti conseguenti agli incidenti su strada. Potenzialmente tale sistema può essere adottato da qualsiasi tipo di organizzazione: aziende private, gestori di reti stradali, Enti Pubblici, ecc.

Naturalmente i soggetti più indicati per l’implementazione di un sistema del genere sono le aziende di una certa dimensione che generano, direttamente o indirettamente, un gran numero di spostamenti stradali per motivi di lavoro. Aziende che trasportano persone o merci, aziende che svolgono pubblici servizi (es. gestione strade, raccolta rifiuti, aziende del tipo “global service” ecc.) o di aziende che hanno su strada una rete vasta e capillare di persone con mansioni di natura commerciale o operativa.

La certificazione ISO 39001 non costituisce un obbligo di legge ma certamente l’adozione di un “Road Traffic Safety Management Systems” aiuta certamente l’azienda a sistematizzare e proceduralizzare la valutazione del rischio assumendone la cognizione responsabilmente. Obbligatoria, infatti, è la valutazione del rischio stradale per i lavoratori che abbiano, nella loro mansione, compiti da svolgere su strada (con o senza l’uso di veicoli aziendali). Il Testo Unico di Salute e Sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008) non cita nello specifico la valutazione del rischio stradale, tuttavia, esso prevede che i Datori di Lavoro individuino tutti i rischi a cui possono essere sottoposti i loro lavoratori, li valutino ed adottino misure opportune per la riduzione degli stessi. In aggiunta il D.Lgs. 81/2008 prevede che i datori di lavoro assicurino che le loro attività produttive non arrechino danno all’ambiente circostante in cui, certamente, la sicurezza stradale occupa un posto di primo piano.

In aggiunta c’è da tenere presente che l’approccio di un sistema organizzativo conforme ai requisiti della norma ISO 39001 è orientato alla tutela dell’incolumità non solo dei dipendenti di una data organizzazione ma anche di tutti gli utenti della strada rispetto ai quali le attività dell’organizzazione possono avere un impatto. La certificazione di un sistema di gestione conforme a questo standard, quindi, si sposa bene anche con quelle certificazioni relative ai modelli organizzativi orientati alla tutela ed al rafforzamento della responsabilità amministrativa e sociale dell’impresa (cfr. D.Lgs. 231/2001, certificazione SA8000, D.Lgs. 81/2008 ecc.).

Da quanto fin qui esposto appare evidente gli stretti legami che esistono da una lettura combinata delle normative, volontarie e cogenti, in materia di sicurezza stradale. Legami che possiamo inquadrare in uno scenario solidaristico di tutti gli utenti e utilizzatori della strada che, lavoratori o no, sono esposti in misura identica ai pericoli insiti e collegati al movimento di merci e persone tramite autoveicoli di qualsiasi tipo e dimensione.

Proprio da queste considerazioni AiFOS ha intrapreso uno studio approfondito i queste tematiche riunendo intorno ad un tavolo di lavoro esperti, consulenti e formatori, che insieme anche a soggetti istituzionali come la Polizia Stradale redigano un piano di lavoro che preveda azioni convegnistiche e formative finalizzate ad alzare il livello di attenzione su questa problematica incidendo sulla consapevolezza ed i comportamenti di tutti: lavoratori e utenti della strada.

Fonte: AIFOS.org

2 giugno 2016

La sicurezza nei tragitti su strada delle autobetoniere




Due pubblicazioni Inail affrontano il tema della sicurezza dell’autista di autobetoniera. Focus sulla sicurezza durante i tragitti su strada: dalla rimessa alla centrale di betonaggio, dalla centrale al cantiere e dal cantiere alla centrale.

Roma, 1 Giu – Ai rischi correlati all’uso dell’autobetoniera, un mezzo d’opera che viaggia con carico superiore a quello massimo limite (le portate massime ammesse sono aumentate a 33 tonnellate per 3 assi e a 40 tonnellate per 4 assi), sono dedicate due recenti pubblicazioni realizzate dall’ Inail insieme a  ATECAP (Associazione tecnico economica del calcestruzzo preconfezionato): il “Manuale per l’autista di autobetoniera” e il “Vademecum per l’autista di autobetoniera. I comportamenti corretti”. 

In un  precedente articolo di PuntoSicuro abbiamo presentato la struttura dei documenti e ci siamo soffermati dei rischi e delle misure di prevenzione correlate alla prima fase di lavoro dell’ autista di autobetoniera, relativa alla “preparazione e controllo del mezzo d’opera in rimessa”.

Ci soffermiamo invece oggi, in particolare, sui vari tragitti dell’autobetoniera: dalla rimessa alla centrale di betonaggio, dalla centrale al cantiere e dal cantiere alla centrale. 

Vediamo innanzitutto cosa indica il “Vademecum per l’autista di autobetoniera. I comportamenti corretti” sui tragitti su strada. 

Chiaramente la “strada” è un “luogo di lavoro” che è caratterizzato da diversi fattori che interagiscono tra loro, “condizionando la sicurezza del lavoratore alla guida”.

Ad esempio:

– “tipologia di percorso stradale, stato della strada e viabilità;

– tipologia del territorio e urbanizzazione;

– tipologia dei veicoli;

– condizioni di carico;

– condizioni climatiche e visibilità;

– condizioni di traffico”.

E si ricorda che i limiti di velocità (art. 142, c. 3. lett. l Codice della Strada) per la “circolazione a pieno carico del mezzo d’opera sono:

– 40 Km/h nei centri abitati;

– 60 Km/h fuori dei centri abitati”.

Il vademecum, rivolto direttamente agli autisti, indica i comportamenti corretti durante i tragitti su strada:

– “in caso di condizioni climatiche sfavorevoli o di traffico intenso, prepara prima un percorso alternativo;

– prepara il percorso in funzione del peso e delle dimensioni del mezzo;

– durante il tragitto, controlla la segnaletica stradale per verificare che il percorso sia compatibile con il peso e le dimensioni del mezzo (es.: banchine cedevoli, portata di ponti e tombini, altezza di ponti e sottopassi);

– rispetta sempre i limiti di velocità e la segnaletica e modera la velocità in curva;

– mantieni sempre la destra e mantieni le distanze di sicurezza;

– guarda sempre lo specchietto prima di girare a destra; in caso di traffico intenso, cicli e motocicli superano solitamente a destra i mezzi più lenti;

– in caso di terreno bagnato, sdrucciolevole, sconnesso, regola la velocità del mezzo e guida in modo da fermarti in sicurezza;

– utilizza sempre il telefono cellulare solo con l’auricolare o con il viva voce;

– accendi il girofaro durante il tragitto a pieno carico o parziale”.

E si sottolinea che il “tragitto su strada di un mezzo pesante può comportare investimenti di persone, urti con altri mezzi o con ostacoli, ribaltamento del veicolo, soprattutto a velocità eccessiva, senza rispettare le distanze di sicurezza e in condizioni climatiche sfavorevoli”. 

Riguardo in particolare al tragitto rimessa – centrale, il “Manuale per l’autista di autobetoniera” indica che in questa fase, presente solo nel caso in cui la rimessa non coincida con la centrale di betonaggio, la ATB/ATBP (l’ATBP è l’autobetonpompa) viaggia priva di carico.

Queste le misure di prevenzione e protezione riportate:

– “verificare che il lavoratore abbia la qualifica imposta dalla normativa per il trasporto di merci (Carta di qualificazione del conducente ai sensi del d.lgs. 21/11/2005 – n. 286 e s.m.i.);

– informare il lavoratore su peso e dimensioni del mezzo”.  

Invece nella fase di trasporto centrale-cantiere la ATB/ATBP viaggia a carico pieno o parziale. 

I rischi per i lavoratori:

– “rischi connessi alla circolazione stradale: investimenti di mezzi e persone, urti con altri mezzi o con ostacoli, ribaltamento del mezzo, velocità eccessiva;

fattori connessi al carico: aumento dello spazio di frenata;

fattori ambientali amplificanti: clima, stato delle strade (es.: banchina cedevole, strada bagnata o ghiacciata, presenza di infrastrutture a limite di ingombro o di peso), traffico, orario, turni”.

Queste le misure di prevenzione e protezione:

– “verificare che l’autista abbia: la qualifica imposta dalla normativa per il trasporto di merci (d.lgs. 286/05); la formazione specifica (nel caso di dipendente di impresa di trasporto in conto terzi); l’idoneità alla mansione (nel caso di dipendente di impresa di trasporto in conto terzi); il documento di valutazione dei rischi (nel caso di dipendente di impresa di trasporto in conto terzi);

– informare l’autista su peso e dimensioni del mezzo;

– fornire all’autista le informazioni adeguate circa: la macchina (lunghezza, larghezza ed altezza in ordine di marcia, carico sugli assi) e le sue dotazioni; il percorso, la viabilità ed eventuali ostacoli”.

Ed è necessario “dotare il lavoratore di sistemi di comunicazione e segnalazione appropriati”.

Questi i dispositivi di protezione individuale consigliati in questa fase per gli autisti di autobetoniera:

– “gilet ad alta visibilità per eventuali discese dal mezzo su strada;

– calzature antinfortunistica”.

 Concludiamo brevemente con alcune indicazioni relative al tragitto cantiere – centrale.

Si indica che il ritorno in centrale “avviene a vuoto o a carico parziale, normalmente con botte in movimento. L’autobetoniera mantiene la sua caratteristica di mezzo d’opera; pertanto, permane il limite di velocità di 40 km/h”. 

E tra le diverse buone prassi per i lavoratori segnalate, si indica di “accendere il girofaro durante il tragitto anche a carico parziale”.

Fonte: Puntosicuro

25 marzo 2016

IRENA: raddoppiando le rinnovabili si otterrebbero risparmi miliardari




“Chi più spende, meno spende recita” un proverbio popolare. Massima fatta propria da IRENA, l’agenzia internazionale per le energie rinnovabili che, calcolatrice alla mano, ha stimato quanto si potrebbe risparmiare investendo massicciamente nelle green energy. Secondo il documento REmap: Roadmap for a Renewable Energy Future rilasciato dall’Agenzia oggi a Berlino, se raddoppiassimo le fonti rinnovabili nel mix energetico mondiale, entro il 2030 potremmo risparmiare fino a 4200 miliardi di dollari, altrimenti spesi nella lotta all’inquinamento e al climate change. E la cifra è ben 15 volte superiore ai costi necessari per attuare questa duplicazione dell’energia pulita. 

Il documento, nella sua seconda edizione, fornisce una tabella di marcia per portare le green energy dall’attuale 18% del mix a un 36% nei prossimi 14 anni. 

“Riuscire a raddoppiare la quota non è solo possibile, ma è anche conveniente”, afferma il direttore generale IRENA Adnan Z. Amin. “REmap mostra che questo [obiettivo] non rappresenta solamente la via più economica, ma anche quella più consapevole sotto il profilo ambientale e sociale. Si creerebbero nuovi posti di lavoro e si salverebbero milioni di vite, mettendoci sulla strada giusta per limitare l’aumento della temperatura globale a due gradi, come concordato a Parigi”. 

La nuova edizione della tabella di marcia targata IRENA allarga la sua analisi a 40 paesi che oggi rappresentano l’80 per cento del consumo energetico globale. Secondo il rapporto, è innegabile che fin’ora siano stati compiuti grandi passi avanti per aumentare le fonti rinnovabili nel settore energetico, al punto da essere ormai in grado a coprire il 30% della produzione elettrica mondiale per il 2030 (attualmente la quota è al 23%).

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Se si investisse nel raddoppio sopracitato, il dato di produzione elettrica “verde” crescerebbe oltre il 50 per cento. Lo sforzo da fare però è notevole: secondo i piani climatici consegnati in occasione della Cop 21 di Parigi, la quota di energie rinnovabili a livello mondiale dovrebbe raggiungere solo il 21 per cento entro il 2030. Per duplicare questa voce, il tasso annuo di distribuzione delle energie alternative dovrebbe aumentare di sei volte e richiederebbe un investimento medio annuo di 770 miliardi di dollari fino a 2030. L’impegno economico si tradurrebbe però in 24,4 milioni di posti di lavoro, un aumento fino a 1300 miliardi di dollari, risparmiando nel contempo all’atmosfera 12 miliardi di tonnellate di CO2.

Fonte: Rinnovabili.it

 

25 marzo 2016

I consigli per le aziende per la riduzione del rischio stradale




Le indicazioni riportate derivano da alcuni interventi emersi in occasione del convegno di Mantova del 16 novembre 2015, da altri presenti invece nel programma regionale della rete WHP (Workplace Health Promotion [1]) ed infine da altri appresi dall’esperienza: 

1. Adozione di dispositivi per la riduzione dei rischi alla guida:

– Satellitare per rilevamento coordinate GPS del mezzo sul territorio (assistenza continua);

– Specchietti retrovisori panoramici per eliminare i punti ciechi posteriori;

– Dispositivi per evitare il colpo di sonno o che ne allertano l’insorgenza [2]; 

2. Adozione di biciclette aziendali e/o navette aziendali per il collegamento tra sedi distaccate; 

3. Adozione di specifici programmi di gestione del parco veicoli aziendali (per la manutenzione programmata ed eventualmente quella predittiva, l’acquisizione di informazioni sullo stato dei mezzi, la regolare sostituzione di pneumatici termici, ecc.), di regolamenti aziendali in materia ed uso di specifiche check-list (vedi WHP) da parte degli utilizzatori/manutentori; 

4.Interventi nel campo dell’autotrasporto: rinnovo dei parchi veicolari ed adozione di misure formative specifiche per tali operatori (“minimo etico” al di sotto del quale non si dovrebbe andare), adozione delle metodologie “WHP” (che potrebbero favorire comportamenti virtuosi a tutti i livelli) e rispetto rigoroso del Regolamento CE 561/2006 sulle pause di riposo (fondamentale atto di prevenzione sia aziendale che individuale, come nel caso dei “padroncini”);

5. Corsi di guida sicura; 

6. Rinnovo dei veicoli secondo criteri di affidabilità e consumo (e non solo secondo criteri di costo) o sostituzione integrale del parco veicoli con “service” in leasing (per avere auto sempre aggiornate, manutenute e controllate); 

7. Adozione di sistemi di comunicazione per cellulari con chiamata diretta vocale o, meglio, divieto d’uso di qualsiasi forma di comunicazione telefonica durante la guida (procedure interne peraltro già in uso in alcune aziende); 

8. Aggiornamento della formazione ex art. 37 del D. Lgs 81/08 che tenga conto anche di tale rischio, mediante forme di comunicazione interattiva e partecipata (video, esperienze personali, discussioni, ecc.); 

9. sorveglianza sanitaria specifica e mirata su:

– alimentazione (un fisico sano e controllato reagisce bene ai molti fattori stressogeni e di affaticamento a cui è sottoposto il conducente di mezzi pesanti, d’opera o che lavora con l’auto);

– alcool e droghe (cfr. artt. 186 e 187 del Codice della Strada), e relativi divieti di guida;

– affaticamento fisico e mentale;

– possibile stato di esposizione alla “sindrome delle apnee nel sonno” [3] (OSAS – Obstructive Sleep Apnea Syndrome);

– mantenimento di elevate performance della vista;

– intervento di “counseling” breve ai lavoratori fumatori per contrastare la dipendenza al fumo, che può diventare, alla guida, anche fattore di distrazione;

– valutazione dello stress da lavoro;

10. modifica orari, consegne, organizzazione, turni, tempi di riposo; 

11. premi per comportamenti virtuosi per la sicurezza e sanzioni per quelli non virtuosi (come accade in aziende aventi Modelli di Organizzazione e Gestione della Sicurezza BS OHSAS 18001 o Linee Guida UNI-INAIL e Modelli di gestione ex 231/2001); 

12. Controlli (audit) interni su:

– Adeguati tempi di guida e di pausa;

– Rispetto del Codice della Strada mediante analisi del cronotachigrafo (a tale proposito si rammenta l’imminente adozione della II° parte del Regolamento UE 165/2014 [4] in materia di cronotachigrafo digitale);

– Sanzioni comminate per infrazioni al Codice della Strada;

– Incidenti (anche modesti e senza lesioni);

– Incidenti con esiti significativi (cfr. art. 29 comma 3 del D.lgs 81/08, che rende tale attività obbligatoria per il datore di lavoro);

– Stress sui mezzi dovuto alla guida scorretta; 

13. Convenzioni per l’acquisto o incentivi premiali in tema di sicurezza stradale:

– mantenimento di occhiali sempre adeguati alle proprie patologie della vista;

– sostituzione dei pneumatici invernali anche sulle auto di proprietà (incidenti in itinere);

– caschi per moto e bici;

– seggiolini per auto;

– paraschiena per moto o tute con protezioni, ecc. 

14. Incentivazione dell’uso dei mezzi pubblici mediante la sinergia di Enti e Aziende private contigue per accessibilità dei lavoratori con sconti su biglietti o abbonamenti a cui partecipino sia il soggetto erogatore del servizio pubblico di trasporto che le Aziende interessate; anche in favore di una mobilità sostenibile (obiettivo WHP); 

15. Partecipazione alla realizzazione di interventi volti al miglioramento della sicurezza delle infrastrutture stradali in prossimità dei luoghi di lavoro (semafori, illuminazione, attraversamenti pedonali, piste ciclabili, rotatorie) anche con partecipazione economica a tali interventi;

16. Incentivazione all’uso della bicicletta (depositi aziendali coperti, sicuri e dedicati).

Le direzioni ed i piani di intervento sono quindi molteplici. Adottare anche solo poche di queste misure, alcune delle quali inserite nel programma WHP e quindi basate su prove di efficacia, permette di assicurare un buon livello di prevenzione dei numerosi fattori di rischio stradale.

Articolo di Michele Montresor

 

19 marzo 2016

Incidenti stradali: prima causa di morte sul lavoro




La recente tragedia che ha distrutto una band di giovani musicisti di Fossano che rientravano di notte da un concerto, a seguito di un gravissimo incidente stradale avvenuto sulla A21 che ha causato 4 morti e 5 feriti, ripropone ancora una volta come la strada, specialmente in condizioni di stanchezza e di stress, rappresenti un pericolo per tutti i lavoratori e non solo.
È noto, infatti, come ancora oggi nel mondo gli incidenti, quelli stradali rappresentino una delle principali cause di infortuni, invalidità permanenti e di morti.
I dati diffusi recentemente dall’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità) nel suo “Rapporto globale sulla sicurezza stradale 2015” sono, a dir poco, allarmanti: 1,25 milioni di persone muoiono ogni anno nel mondo a causa degli incidenti stradali, che sono la principale causa di morte fra i giovani tra i 15 e i 29 anni.
Nel nostro Paese la situazione non è meno preoccupante: secondo l’ultimo Rapporto ISTAT–ACI,nel 2014 in Italia si sono verificati 174.400 incidenti stradali con lesioni a persone, con 248.200 feriti e 3.330 morti.
In particolare, per i lavoratori la strada rappresenta un pericolo costante e di assoluta gravità, sia che si tratti di operatori per i quali la strada costituisce il proprio “posto di lavoro” (parliamo di autotrasportatori, conducenti di autobus, taxisti, commessi viaggiatori, addetti alla manutenzione stradale, o di altre tipologie che per lavoro si spostano con mezzi di trasporto), sia di lavoratori dei più svariati settori di attività che si mettono in strada per andare o tornare dal lavoro.
In Italia nel 2014 sono stati denunciati all’INAIL circa 92.000 infortuni stradali (tra infortuni in occasione di lavoro e in itinere) su un totale di circa 663.000 infortuni, con una percentuale pari circa al 14%. Molto più elevata la quota di infortuni mortali accertati stradali che, sempre nel 2014, sono stati 371 pari al 53,4% del totale (695). In pratica oltre la metà dei morti sul lavoro si verifica sulle nostre strade, in misura quasi equiripartita tra infortuni avvenuti in occasione di lavoro (196) e infortuni in itinere (175).
La distribuzione degli incidenti stradali nell’arco della giornata conferma una struttura del fenomeno ormai ampiamente consolidata e strettamente correlata ai tempi di vita e di lavoro delle persone coinvolte, evidenziando come la componente lavorativa abbia un peso non indifferente nella incidentalità stradale. Un primo picco sia di incidenti che di morti si riscontra, infatti, tra le 8 e le 9 del mattino, fascia oraria nella quale normalmente si effettuano gli spostamenti casa-lavoro; un secondo picco si osserva tra le 12 e le 13 anche in relazione alla mobilità di alcune categorie di lavoratori che usufruiscono dell’orario non continuato.
Ma la punta massima in assoluto di incidentalità si registra tra le ore 17 e le 18, al termine cioè del turno di lavoro. È una fascia oraria in cui si combinano gli effetti dell’aumento della circolazione stradale per tornare dal lavoro verso casa con quelli di altri fattori quali l’accumulo di dispendio di energie e di stress da lavoro e la difficoltà di percezione visiva per il venir meno della luce naturale non ancora pienamente sostituita da quella artificiale. Il tutto può risultare poi aggravato dalle avverse condizioni meteorologiche che, in particolare nei mesi autunnali e invernali e soprattutto al Nord (le famose “nebbie in Val Padana”) creano frequentemente situazioni di altissimo rischio.
Nelle ore notturne poi, data la più ridotta mobilità, il numero di incidenti diminuisce nettamente ma cresce in misura enorme il tasso di mortalità.
Tra questi ultimi casi rientra anche il grave incidente sulla A21 dove il 6 marzo la Band “Tony Mac Music Show” di Fossano, specializzata in feste di piazza e matrimoni, composta da Antonio Levrone, Paolo Papini, Marco Inaudi e Gianpaolo Giacobbe, è andata distrutta. A loro la “SOS Musicisti” (http://www.sosmusicisti.org/) sta dedicando attenzione in quanto Associazione che si occupa di legislatura dello spettacolo.
E anche a loro è dedicato il “Tour per la Sicurezza sul Lavoro” realizzata dalla Fondazione ANMIL “Sosteniamoli subito”, avvalendosi del supporto dell’ANMIL, e con il Patrocinio del Senato della Repubblica e dell’ANCI che partirà il prossimo 28 aprile.
Fonte ANMIL
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